Venti sigarette

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Titolo originale: Venti sigarette. Regia: Aureliano Amadei. Soggetto: Francesco Trento, Volfango De Biasi, Aureliano Amadei dal libro «Venti sigarette a Nassiriya» di Aureliano Amadei e Francesco Trento. Sceneggiatura: Gianni Romoli, Francesco Trento, Volfango De Biasi, Aureliano Amadei. Fotografia: Vittorio Omodei Zorini. Montaggio: Alessio Doglione. Musica: Louis Siciliano. Scenografia: Massimo Santomarco. Costumi: Catia Dottori. Interpreti: Vinicio Marchioni (Aureliano), Carolina Crescentini (Claudia), Giorgio Colangeli (Stefano Rolla), Orsetta de Rossi (Carlotta), Alberto Basaluzzo (Massimo Ficuciello), Edoardo Pesce (Tino), Luciano Virgilio (il generale Ficuciello. Origine: Italia, 2010. Durata: 94’.

 

Novembre 2003: Aureliano, 28enne, precario nel lavoro e negli affetti, riceve all'improvviso l'offerta di partire per lavorare come aiutor regista alla preparazione di un film che si svolge in Iraq, al seguito della "missione di pace" dei militari italiani, con il regista Stefano Rolla. Aureliano non fa in tempo a finire un pacchetto di sigarette che si ritrova protagonista della tragedia dell'attentato alla caserma di Nassirya del 12 novembre 2003. E' l'unico civile sopravvissuto di una strage che ha ucciso ben 19 italiani.

Un film duro, realistico, aggressivo nelle immagini, a partire dai fotogrammi delle vittime mutilate subito dopo l'esplosione e inermi al suolo e dalle sequenze in primo piano delle braccia e del corpo del protagonista, inondato di sangue e avvolto dalla sabbia e da una miriade di schegge schizzate durante la deflagrazione. Un colpo nello stomaco per noi italiani, una ferita lancinante e terribile che ha inciso anche le memorie di tutti coloro che non si sono sentiti e mai si sentiranno disposti ad accettare gli orrori della guerra come inevitabili effetti collaterali di superiori strategie di conquiste. Il film vuole essere un resoconto vero e sincero, appassionato e commovente, di chi era lì in quel momento: un giovane aiuto-regista a seguito dell'amico, le amicizie con alcuni militari, le due chiacchiere e le battute scambiate con i carabinieri sul cortile della loro caserma, e poi improvvisamente un autocarro rosso che sfonda la sbarra dell'ingresso della recinzione e in un secondo tutto salta in aria, dando vita ad un inferno di fuoco. E poi c'è l'altra storia, quella del sopravvissuto rientrato in Italia: al capezzale di Amadei, all'ospedale militare del Celio a Roma, si recano in doverosa processione i rappresentanti delle istituzioni, le alte gerarchie militari, gli uomini politici, i giornalisti e tutta la carovana del mondo mass-mediatico, pronti a celebrare l'eroe e gonfiare le pagine scritte e i discorsi pubblici della retorica dei "caduti per la patria" e dei sacrifici per la democrazia e la libertà da esportare a popoli inferiori e "sfortunati". Anche in questa parte, il film diretto da Amadei risulta particolarmente convincente e sincero, in grado di smascherare la facciata delle celebrazioni nazionalistiche, per guardare con occhio più lucido e umano le vicende realmente accadute: perché questo conflitto? E poi i morti iracheni non sono sullo stesso piano di quelli italiani? E di quelli americani, inglesi, spagnoli e altri ancora? Dov'è il senso di tutto ciò? Ecco, un altro merito del film è il seguente: lasciare al realismo delle immagini e al prorompere delle emozioni, senza sventolare nessuna bandiera di semplicistico e ingenuo pacifismo, il compito di condurre lo spettatore verso un'analisi oggettiva e individuale di quella insensata operazione militare che è stata l'invasione dell'Iraq; e di cui Nassiriya resterà nei libri di storia come una drammatica pagina macchiata di sangue. A Venezia il film ha ricevuto 14 minuti di applausi, con la gente in piedi commossa di fronte al racconto di chi, per puro caso, non è saltato in aria quel 12 novembre del 2003 e che ora vuole riportare la sua versione dei fatti, quella durata appunto lo spazio di venti sigarette fumate nel brevissimo lasso di tempo di quei pochi giorni del novembre 2003, dall'arrivo al campo all'esplosione, fino a quello che è successo dopo. E la sua versione non può che colpire, perché vera, perché amara, perché vissuta e tremendamente personale.

Approfondimento storico